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Una giornata a “Napoli Città Libro”

Ci rendiamo conto di aver sbagliato ingresso quando sbuchiamo nella navata laterale della basilica di San Domenico Maggiore. Quel maestoso oro opaco che si mescola ai colori antichi degli affreschi e del soffitto cattura il nostro sguardo per qualche secondo. Chiediamo informazioni all’addetta ancora con gli occhi puntati sulle pareti, in alto, intorno. Ci viene indicata una scorciatoia per uscire sul cortile giusto. Lasciamo la basilica lentamente. Ed eccolo: l’ingresso del Salone del Libro e dell’Editoria a Napoli, il progetto del comitato Liber@ Arte “Napoli Città Libro” finalmente concretizzatosi.

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Entriamo spedite in quello che viene detto “chiostro delle statue” e tutt’intorno la gente osserva curiosa gli ambienti, calpestando gli stessi pavimenti e oltrepassando gli stessi portici che un tempo ospitarono Tommaso D’Aquino, Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Già dall’ambientazione scelta sembra emergere uno degli elementi preponderanti di questa manifestazione: il libro come filo conduttore tra passato e presente, uno strumento di diffusione della cultura dotato del magnifico dono dell’atemporalità.

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Subito ci imbattiamo nell’inizio della presentazione del thriller storico La città che urla segreti, di Franco Salerno, pubblicato da Guida Editori.

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Tra la folla brulicante percorriamo il cortile e ci soffermiamo qualche minuto a osservare con curiosità i laboratori didattici organizzati per i piccoli lettori, immersi tra albi illustrati, racconti e giochi.

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Saliamo al piano di sopra e davanti a noi si apre l’eden del Lettore: uno stand dopo l’altro, si svolge un orizzonte di carta che racconta di scoperte archeologiche, di dibattiti politici, di altre culture, di ecologia, d’amore, di odio, di risate, di approfondimenti sociali, di storia, di cibo, di fumetti, di filologia e di così tanto altro che una vita sola non basterebbe a contenere tutto! Come api felici su fiori profumati zigzaghiamo tra gli stand delle case editrici, chiacchierando a lungo con gli editori stessi.

 

 

Così scopriamo Delitto a regola d’arte di Giacomo Ricci, una graphic novel edita da Alòs un po’ gialla un po’ noir ambientata nella Cappella Sansevero, ispirata ai misteri da sempre legati alla controversa ed enigmatica figura del Principe e alla sua meravigliosa Cappella.

Una vivace originalità caratterizza l’Enciclopedia degli scrittori inesistenti 2.0, che sfogliamo presso lo stand della casa editrice Homo Scrivens. Si tratta di una raccolta di dettagliatissime schede su autori e correnti letterarie completamente frutto della geniale fantasia di un gruppo di scrittori.

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Edizioni di Storia e Letteratura rapisce poi la nostra anima per un tempo indefinito.

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La casa editrice Arbor Sapientiae si rivela una scoperta meravigliosa: per la qualità del catalogo e la competenza gentile della persona che la rappresenta ci conquista definitivamente.

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Lungo i corridoi, disposte lateralmente, delle teche rivelano preziose edizioni a stampa di fine Ottocento di letteratura e filosofia: dalla Storia della letteratura italiana di Francesco de Sanctis agli Scritti Filosofici di Giovanni Gentile, passando per le opere di Verga. Questi testi rappresentano la storia secolare del lavoro delle case editrici partenopee, sempre attivo e pienamente inserito nel dibattito culturale e scientifico contemporaneo.

 

 

Mentre lasciamo quelle sale ci sentiamo arricchite, sia per i racconti delle persone che abbiamo incontrato e che lavorano in questo campo con grande passione, sia per come il libro, protagonista indiscusso di tale manifestazione, sia stato messo in primo piano attraverso molteplici punti di vista.

Dopo aver cominciato a immaginare questo giorno dalla serata di presentazione (di cui abbiamo parlato qui) e aver partecipato all’iniziativa promossa dal Salone, la scoperta del laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale di Napoli (che raccontiamo qui), vivere finalmente Napoli Città Libro ci ha regalato un momento di felice connubio con la nostra connaturata passione.

Considerando il successo riscosso, a questo punto non vediamo l’ora di partecipare alla seconda edizione!

 

Chiara Cortese e Maria Rosaria Di Napoli

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“Ogni libro può essere salvato”: quando la Biblioteca custodisce uno spazio speciale

La restauratrice taglia il filo di cotone che tiene unito il libriccino e delicatamente stacca un bifolio alla volta, disponendoli uno accanto all’altro sul largo tavolo di legno. L’ambiente del laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale di Napoli è freddo, umido com’è tipico dei palazzi antichi con mura spesse e alte.

Nel silenzio calmo e attento del gruppo di visitatori i gesti della restauratrice accompagnano la spiegazione della pratica di pulitura di un piccolo codice piuttosto recente. Le pagine, depositate in una vasca e immerse in acqua deionizzata – soluzione necessaria per eliminare le impurità accumulatesi nel corso del tempo – dovranno rimanere lì il tempo necessario affinché il processo sortisca i risultati sperati.

Pazienza e cura sono gli elementi preponderanti che caratterizzano tale attività: bisogna concedere tempo e attenzione per permettere a questi libri di guarire, lo stesso tempo e la stessa cura che sono stati necessari per realizzarli. Nella descrizione dei processi, nella volontà di mostrare ai visitatori i libri restaurati, emerge una grande passione per il lavoro che viene svolto in questo laboratorio; non è importante che per la restaurazione di un solo libro siano stati impiegati quattro mesi, quello che conta è essere riusciti a recuperare la maggior parte dell’opera originale, sia che si tratti di una copertina in pergamena, sia che si tratti di una qualsiasi pagina del libro.

Un altro restauratore in camice bianco, che fino a quel momento ha seguito il gruppo in silenzio, prende la parola dinanzi a un grande foglio stampato, un censimento con decorazioni colorate e dorate, e con perizia mostra il processo di copertura di una lacuna; spinge un interruttore e illumina il tavolo da lavoro: come una radiografia, appaiono subito visibili le fibre del foglio, lungo le quali viene posta la carta giapponese dello spessore giusto.

Seguire con lo sguardo il pennello che incolla minuziosamente la carta giapponese sullo spazio vuoto, piccolo danno creato dal tempo, dall’incuria o magari da un topolino, è davvero affascinante. Appare chiaro, osservando l’attenzione e la perizia con cui tutte le operazioni vengono eseguite, che questo lavoro necessita in primo luogo d’amore per il materiale sul quale si va a intervenire; non esistono i verbi tagliare o eliminare, ma solo salvare e ricostruire.

Come un’antica tessitrice, quasi con la stessa pazienza e perseveranza che ebbe Penelope nel tessere la sua tela, il restauratore, sedutosi dietro una macchina lignea per la cucitura dei fascicoli, mostra al gruppo la differenza tra la cucitura con lo spago, posto lungo le linee dei nervi del codice, e con le fettucce, metodo per libri più recenti.

Il gruppo si dispone attorno al tavolino con il telaio e osserva la precisione armoniosa dell’operazione di cucitura. I fascicoli, assicurati ad alcune cordicelle verticali, sono cuciti con il filo che passa attraverso i forellini della legatura precedente; anche in questo caso si cerca di rispettare l’antica condizione del testo, andando ad adoperare gli stessi fori e non creandone di nuovi.

Il restauratore conduce poi il gruppo a un altro tavolo, sul quale sono sparsi strumenti per l’incisione, aghi, fili di cotone, materiali cartacei di colori diversi, pergamene dalle naturali sfumature variegate, cartoncini neutri per i piatti, bisturi, pennelli e tanti strumenti che catturano lo sguardo dell’appassionato.

A questo tavolo l’uomo illustra le fasi di creazione di un capitello e l’incisione di un carattere. Anche quando qualcosa viene ricreato ex novo i parametri adoperati sono sempre quelli del rispetto del materiale originale; così, per la ricostruzione di un capitello, si adopera il filo di cotone dello stesso colore degli altri libri della medesima collezione.

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Infine, un contenitore sulla scrivania attira l’attenzione del gruppo e, a seguito di qualche domanda incuriosita, viene aperto: fogli di un’antica carta topografica di Napoli e dei suoi dintorni vengono rivelati tra lo stupore generale. La voce profonda del restauratore spiega che quelle tavole settecentesche sono state realizzate da Giovanni Carafa, duca di Noia.

Mostrando al gruppo il lavoro svolto, il restauratore specifica che per i criteri topografici odierni quelle tavole non sono più utili, ma racchiudono in sé un patrimonio inestimabile che permette a noi oggi di leggere e vedere com’era concepito lo spazio nella Napoli del 1775. Colpisce inoltre come un lavoro di tal genere, che nella visione moderna appartiene a un settore tecnico, sia stato adornato con decorazioni ricche e minuziose.

Avere la possibilità di ammirare tali operazioni consente di apprezzare ancora di più il valore del lavoro eseguito per riportare nelle condizioni migliori i testi contenuti nelle nostre biblioteche; un approccio che alla base ha un profondo rispetto sia per il contenuto che per la struttura materiale dei volumi stessi.

Il libro è trattato come un essere vivente dotato di un corpo e un’anima; il lettore apprezza e si concentra principalmente su quest’ultima, rappresentata dal contenuto, perché è lì che si trova la storia. In realtà ogni libro racconta almeno due storie: quella che è possibile leggere all’interno e quella che deriva dal suo “corpo”; ogni piega, ogni traccia sulla copertina, ogni simbolo sul dorso, ogni dedica o annotazione sul foglio di guardia raccontano una storia che è arrivata fino a noi proprio perché è stato operato un lavoro di conservazione sul materiale.

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Il laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale di Napoli è uno dei pochi laboratori pubblici ancora attivi in Italia che si adopera affinché anche le generazioni future abbiano la stessa fortuna che è stata concessa a noi: quella di poter conoscere tutto l’universo che ogni libro racchiude in sé.

Così, questo viaggio organizzato da Napoli Città Libro giunge alla fine del percorso tra i pennelli, i fogli e i fili di cotone. I restauratori lasciano il gruppo con l’omaggio di un segnalibro e di un’esperienza meravigliosa alla scoperta del durissimo lavoro che si cela dietro ai libri che ogni giorno sfogliamo e ai testi più antichi che di tanto in tanto consultiamo o ammiriamo.

 

Chiara Cortese e Maria Rosaria Di Napoli.